Chi lo avrebbe detto, ai tempi della pandemia, che i visitatori avrebbero generato anche malcontento e protesta? E' questa la nuova faccia del turismo in alcune mete della nostra Penisola e non solo. Il fenomeno, chiamato overtourism, indica l'incapacità da parte di un territorio di accogliere in maniera sostenibile il flusso di visitatori in un determinato periodo. A farne le spese non sono solo le mete classiche, come Venezia e Firenze, ma anche città come Napoli e Siena, che da alcuni anni a questa parte stanno suscitando un interesse sempre più crescente.

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I problemi legati alla congestione turistica nelle città vanno a gravare sul patrimonio artistico e culturale, che subisce un'accelerazione nell'usura dei monumenti. Ma non solo. A subire i danni di questo fenomeno sono infatti anche le mete naturalistiche, che assistono a un maggiore inquinamento dovuto al sovraffollamento, pericoloso anche per l'equilibrio degli ecosistemi. Per citarne alcune, le Dolomiti, la Sardegna, le Cinque Terre, che hanno iniziato ad adottare soluzioni che generano spesso malcontento, come gli ingressi contingentati. Decisione, quest'ultima, che è stata necessaria in questi giorni anche a Roccaraso, letteralmente invasa da un'orda di turisti durante l'ultima domenica dello scorso gennaio.
Lo scontento nelle città si fa sentire soprattutto tra gli abitanti, che stanno assistendo, impotenti, alla trasformazione dei loro quartieri. La perdita progressiva dell'identità nei centri storici si fa sempre più pressante, a danno della popolazione locale. A farla da padrone è, infatti, la continua conversione delle abitazioni in case vacanze e bed & breakfast, che porta con sé un aumento spropositato degli affitti. Intere zone residenziali hanno subito una massiccia turistificazione, escludendo gli abitanti dalla possibilità di accedere ad affitti equi per periodi medio-lunghi.

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A fronte di questa tendenza, negli ultimi tempi si stanno susseguendo proteste sempre più stringenti. In molte città italiane si stanno diffondendo i movimenti contrari alle key box, le cassette per velocizzare i chek-in, simbolo di un turismo incontrollato e spersonalizzante. A Napoli un gruppo di cittadini ha costituito Resta Abitante, contro la speculazione immobiliare e a favore dell'abitare degno. A chiedere regolamentazioni efficaci contro la gentrificazione e la turistificazione anche il comitato Chiediamo Casa a Milano.
Il turismo che non fa bene alle nostre città è, quindi, quello mordi e fuggi, che assiste a una eccessiva concentrazione di visitatori nelle mete cosiddette “instagrammabili”. Alla base di questa modalità di fruizione c'è poca spinta culturale, accanto a un desiderio crescente di replicare scatti già visti e rivisti, dietro cui nascondere, ma nemmeno troppo, l'affermazione di se stessi.

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In conseguenza di ciò, i centri storici rischiano di perdere la propria identità per corrispondere maggiormente alle richieste dei viaggiatori social. Più interessato ai souvenirs che alle botteghe storiche e ai prodotti tradizionali, il turista di oggi rischia di visitare esclusivamente quelle zone della città considerate iconiche. Riscoprire strade e piazze misconosciute ai più, così come musei meno blasonati ma di notevole interesse, può essere una valida alternativa alla congestione turistica. Ne ha parlato Anna Maria D'Urso alcune settimane fa su Io Donna, proponendo itinerari diversi a Venezia, Firenze, Roma e Napoli. In queste città, che i social ci presentano sempre sotto la stessa veste, le possibilità di scelta sono davvero molte, per chi cerca davvero una connessione autentica con il genius loci.
E allora, via libera ai modelli slow, che prediligono le declinazioni lente di un turismo responsabile, fatto di mete alternative, alberghi diffusi e rispetto dell'unicità dei luoghi.